Documento torinese per il XVI Congresso Nazionale di Arcigay
Con l’avvicinarsi del XVI Congresso Nazionale di Arcigay [che si è svolto a Torino dal 16 al 18 novembre 2018 ndr], da una analisi che parte dalle soggettività in campo nella crescita collettiva e nella discussione politica attuale emerge la necessità di rendere chiari i temi, i contenuti e le metodologie di azione che si vorrebbero sviluppare nei prossimi tre anni [quattro, a seguito della votazione in Congresso ndr], in modalità condivise e inclusive.
Da tale esigenza nasce la volontà di mettere nero su bianco le indicazioni che partono da noi.
Corpi non normati
Il tema del controllo perpetrato sui corpi, a partire dal genere e al di là di esso, deve tornare prioritario nella rivendicazione e nelle battaglie politiche. L’antropologia ha evidenziato che ciò che si fa e che si può fare con il corpo è legato alla cultura in cui si nasce e cresce, sviluppando o inibendo alcune capacità. In ogni società e in ogni epoca, i corpi vengono normati e disciplinati: alcuni corpi lo sono di più, come quelli di donne, trans* e intersex. Un corpo mutilato, adattato, assemblato, inciso, allargato, ristretto, de-forme non rispetta il canone stabilito dalla società di “corpo ideale”, ovvero tonico, pulito e conforme ai dettami separatori di genere. Una fisicità che non coincide con le espressioni di genere legate a culture e società in cui si vive è oggetto di attacchi continui nel tempo. Il corpo appartiene a chi lo compone, al soggetto che lo vive e dunque a nessun_ altr_. Torniamo a insistere sul fatto che il corpo non è né di Dio né di un tribunale, né di chi sfrutta né di chi medicalizza: il corpo è mio.
Come agire? Attraverso la formazione interna ed esterna: per quanto riguarda quella interna, magari di stampo laboratoriale, creare momenti di autocoscienza mirati al superamento degli stereotipi, facendo emergere il tema della discriminazione interna, l’invisibilità sofferta, il bullismo, rivolto a qualsiasi fascia d’età, alla promozione di pratiche di empowering e rivendicative basate sull’inversione dello stigma, sull’uso creativo dello stereotipo, sull’autodifesa attraverso un linguaggio verbale e non verbale; per quella esterna, promuovere azioni di superamento degli stereotipi (in maniera differente rispetto e partendo dalla formazione interna), partendo dalla riscrittura delle basi formative che sostengono il percorso pedagogico (per esempio, la valorizzazione delle pratiche di travestitismo infantile come espressione di genere).
Puntare, di conseguenza, all’utilizzo di un linguaggio inclusivo e alla pari per i contenuti relativi a campagne di comunicazione esterne e portare l’argomento in discussione politica, insistendo sulla rivendicazione delle unicità, lanciando il messaggio Noi siamo in diritto di essere, a prescindere dai diritti legislativi.
Inoltre, concentrare la rivendicazione politica sull’autodeterminazione delle persone intersex.
Corpi sessuali e non
Mario Mieli parlava di educastrazione: a tutt’oggi, il sesso è un tema che provoca contrasti. In Italia, è trattato in maniera diseguale ed è un campo di pratiche che regola il rapporto asimmetrico tra due generi storicamente egemoni (maschile e femminile), creando gerarchie di significazione basate sull’opposizione tra positività maschile e negatività femminile, inserendo in quest’ultimo campo anche le maschilità non subordinate e i posizionamenti non gendered. Quella eteropatriarcale e cisgenere è una sessualità fortemente incoraggiata e noi abbiamo la responsabilità politica di affrontarla e reinterpretarla, abbattendo i recinti che tendono a circoscrivere sempre più il campo di azione.
Formazione esterna: formazione pedagogica sulla sessualità ed elaborazione di materiale a disposizione dei comitati (in alcuni casi già predisposti dai comitati stessi), che possa essere usato come supporto alla fase formativa.
Il livello di inclusione passa anche dal meccanismo di sviluppo interno dei temi più o meno distanti da ognun_ di noi. Le campagne nazionali dovrebbero rispettare canoni di inclusione, declinando linguaggio e scelta dei soggetti alle realtà che compongono le soggettività LGBTQIA+, mettendo da parte la praticità comunicativa spesso usata come schermo per una selezione precisa che ricalca una linea più normata.
I temi da toccare, sia nella formazione interna/esterna, sia in campagne di comunicazione sono: sessualità sicura e soddisfacente con persone T* e tra persone T*; sessualità femminile non solo tra donne, ma rivolta anche a donne cisgender, bisessuali, T*, intersex; pratiche di gruppo, senza voler normare nulla, trattando la questione come qualcosa che esiste e non va regolata; ansia da prestazione; violenza domestica anche tra coppie samesex; educazione al consenso; utilizzo di sostanze stupefacenti prima di avere rapporti sessuali. Alla base di tutto ciò l’intenzione di scardinare un modello di sessualità eteronormata e sessuofoba, legata a un modello unicamente penetrativo.
Il sesso riguarda tutt_, ma non tutt_: non trascuriamo la possibilità dell’esistenza di corpi non sessuali, la cui rivendicazione nei gruppi e da parte di soggettività ace non è meno importante né meno politica. Non è scontato che ognun_, da un momento prestabilito della propria esistenza in poi, provi attrazione sessuale e sentimentale per altre persone. Il sesso inteso, invece, come rivendicazione politica all’esistenza di pratiche non conformi è legato alla liberazione delle singole persone: il sesso è godimento e autodeterminazione.
Facciamoci dunque carico della richiesta di abolizione totale del reato di atto osceno in luogo pubblico per permettere ad ognun_ di noi di sperimentare la propria sessualità in maniera libera, gratuita e sicura, prevedendo la creazione di zone di cruising safe nello spazio pubblico, seguendo gli esempi nord europei.
Propaganda e rivendicazione parallela visibilità|diritti
In un periodo storico-politico come quello attuale, le strategie di richiesta dei diritti sembrano non ottenere i risultati sperati. Nell’ampio spettro di proposte che possiamo avanzare a chi detiene il potere legislativo, potrebbero emergere strategie differenti in base al punto di vista con il quale si analizza l’attualità.
Dal punto di vista storico-rivendicativo, la retorica della piena uguaglianza delle persone LGB (ci fermiamo volutamente a queste lettere) con le persone eterosessuali, detentrici “naturali” per la propaganda politica di diritti inalienabili che consentono benessere fisico e mentale, passa unicamente attraverso il matrimonio. In poche parole, si è felici solo se si contrae il matrimonio con il/la, unic_ e sol_, partner; meglio ancora se dall’unione nascono de_ bambin_. Analizzando questa rivendicazione da un punto di vista maggiormente contemporaneo e tralasciando la propaganda alle spalle, si nota come le richieste di legittimazione siano parallelamente forti e impellenti. In una visione utopistica, noi tutt_ potremmo/dovremmo spingere verso azioni di conquista di visibilità e diritti, senza esclusioni. Risulta, quindi, fondamentale tornare a sviluppare metodologie di scardinamento del concetto di categoria sociale, che vedono relegate le persone LGBTQIA+ in confini lontani se non perpetuano comportamenti adducibili a quelli della cosiddetta gente per bene. Ribadire l’idea che è controproducente scegliere una tra le tante battaglie e portarla avanti imperterrit_ perché, come accaduto, il rischio è di ottenere leggi monche e non soddisfacenti, come la Legge Cirinnà.
Come fare? Ribadire l’importanza di condurre pubblicamente un discorso che mira a dare giusta luce alle mille sfaccettature identitarie che compongono le soggettività e le rivendicazioni politiche della nostra associazione, partendo da quelle LGBTQIA+ per andare oltre. Negli ultimi vent’anni, la comunicazione mediatica e pubblica si è incentrata sul sentimentalismo: impariamo dagli errori, rivendichiamo nell’azione esterna il diritto a essere persone, proponendo un modello discorsivo che rappresenti la vita reale. Non rientriamo tutt_ nel modello di Famiglia del Mulino Bianco: cominciamo, dunque, a raccontare le identità e sottolineare che ciò significa rivelare solitudini, famiglie allargate composte da persone monogame e poliamorose che avanzano modalità di cura differenti e collettive.
Dal punto di vista legislativo, invece, è importante la richiesta di una legge contro tutte le discriminazioni che preveda soprattutto interventi positivi come l’educazione alle differenze nelle scuole, la formazione degli addetti sanitari, degli insegnanti, degli operatori professionali, dei dipendenti della PA, con l’intento di costruire una società accogliente e capace di valorizzare le favolose differenze al suo interno. A questo punto si affianca una riforma complessiva del diritto di famiglia: al momento, i tre istituti presenti, ovvero matrimonio, unioni civili e convivenze, rappresentano tre modi di convalidare giuridicamente le coppie, a prescindere dalla loro composizione. Una azione che rompa il dominio della coppia, che faciliti l’emersione di una rivendicazione di rapporti di mutua assistenza tra persone, darebbe una risposta sia alla richiesta di tutela per i soggetti coinvolti in relazioni poliamorose sia alle innumerevoli situazioni di coabitazione tra coinquilini che di fatto, pagando insieme le bollette, dividendo le spese e sostenendosi a vicenda, costituiscono vere e proprie forme di nuove famiglie. Tuttavia, alcuni pregi, quali il divorzio breve e l’assenza dell’obbligo di fedeltà, che sono stati inseriti nella Legge Cirinnà vanno nella direzione di una rivisitazione complessiva delle unioni e del matrimonio.
A questa riforma del diritto di famiglia deve ovviamente conseguire una nuova modalità di distribuzione del welfare che comprenda anche queste forme familiari. Dunque, richiedere una riforma della legislazione sull’adozione che renda più semplice l’accesso all’istituto adottivo e che renda possibile le adozioni anche per i singoli, come ad ogni genere di formazione familiare. Ultima, e davvero ultima in termini di importanza, la richiesta del matrimonio egualitario come forma di equiparazione legislativa.
Migranti e anti-xenorazzismo
Il tema migranti è fortemente attuale nell’analisi politica di oggi. A seguito di richieste specifiche di persone migranti e richiedenti asilo che entrano in contatto con i Comitati di Arcigay, la messa a regime di alcuni servizi non è una soluzione esaustiva: è necessaria una rivendicazione politica forte e decisa.
Ripartendo dalla storia dei flussi migratori a livello mondiale, è necessario concentrarsi nuovamente sul tema delle migrazioni e sul significato che questi portano. È migrante chi si sposta per lavoro, chi viaggia per scoprire ed esplorare, chi raggiunge paesi con welfare più accessibili, chi parte e chi arriva, chi attraversa i confini. È migrante anche chi è costrett_ a spostarsi perché sfruttat_ dalla tratta di prostitute migranti, LGBT e non.
In una analisi delle migrazioni, possiamo partire dal privilegio di alcun_ di essere nat_ in paesi con tenori di vita medio-alti. Ricordiamo, dunque, le motivazioni per cui si è messa in moto la corrente migratoria in atto, partendo dalle condizioni economiche, politiche, di lavoro, delle guerre del passato, dell’azione coloniale passata e presente.
Le nuove narrazioni che giungono attraverso i flussi migratori e che intercettano le persone LGBTQIA+ sono una risorsa inestimabile per una rivendicazione più ampia, che comprenda anche e non solo diritti civili a 360°. Riemerge così la necessità di un discorso e di una visione intersezionale, che preveda sia le discriminazioni sia le lotte. Ciò comporta un lavoro più complesso e la disponibilità a fare rete con soggetti e realtà differenti. Rendendo partecipi direttamente le soggettività migranti nei discorsi e nelle rivendicazioni ed evitando di limitare la presa di parola migrante solo all’interno dell’associazione, liberiamo spazi a narrazioni anche e soprattutto scomode: questi spazi siano sia di confronto sia di elaborazione politica che emerge dalle stesse persone che la vivono in prima persona.
Oltre alla rivendicazione politica, non possiamo chiudere gli occhi davanti all’ondata di odio xeno-razzista legittimato dalle istituzioni, che vede episodi sempre più forti e folli tra le persone LGBTQIA+. Spesso chi desidera e agisce una forte emancipazione sposta la paura del diverso in cima alle azioni, dimenticandosi l’importanza delle differenze. Per questo è fondamentale portare avanti azioni e rivendicazioni anti-xenorazziste, che siano simboliche (come scriverlo nel nostro Statuto) o politiche, facendo passare il messaggio che indicare un soggetto “maggiormente diverso” va contro i principi di libertà. Tra le azioni politiche emergono i diritti di cittadinanza: sì convinto allo Ius Soli, ma simile a quello automatico presente negli USA, con l’intenzione di inflazionare il concetto di cittadinanza che ancora viene declinato come pacchetto di diritti, ma nonostante sia legato costituzionalmente a una platea di aventi diritto si rivela un pacchetto di privilegi per la formula che se i diritti non sono di tutt_ sono privilegi; di conseguenza, prendere a esempio la Carta di Palermo, che prevede l’abolizione del permesso di soggiorno e la libera circolazione delle persone in Europa (almeno in Europa), abbattendo i confini politici, fisici e mentali (azione cultuale esposta prima).
Nel corso degli ultimi anni, i servizi erogati dai Comitati sul territorio hanno conosciuto una modifica strutturale in base alle esigenze di chi a noi si è rivolt_; i nostri valori suggeriscono il raggiungimento di obiettivi attraverso un confronto operativo sulle prassi e sui risultati dell’applicazione delle stesse, sul rapporto con i soggetti istituzionali (Prefetture) con l’intenzione di evitare una deriva normativa e normalizzante.
Alla luce di tutto ciò, l’atteggiamento paternalistico tipico dell’uomo bianco deve essere scoraggiato a pro di spazi occupabili principalmente da chi porta, attraverso la sua storia, il suo corpo e le proprie azioni, narrazioni precise.
Welfare
Cosa vogliamo e quali sono le condizioni per la nostra libera autodeterminazione?
– Antifascismo come condizione base, come lotta a chi mina la nostra stessa esistenza.
– Reddito, è inutile discutere di diritti e di distribuzioni parziali del welfare se il welfare stesso è in fase di smantellamento e se molt_ di noi non possono avere ciò che permette di affrancarsi dal contesto familiare. Se il nostro sguardo sarà rivolto verso un welfare state universalistico egualitario non potremo fare a meno di costruire percorsi comuni intersezionali con tutte quelle realtà (soggetti del terzo settore e non) che rispecchiano i nostri valori. Le nuove contaminazioni porteranno “nuove” rivendicazioni all’interno degli spazi che occupiamo con rivendicazioni politiche, rivolte alle istituzioni e non. Di conseguenza, il risultato ottenibile comprenderà una presenza maggiore e più influente sul dibattito pubblico e sui media. A tale pro, risulterebbe strategico contribuire con uscite pubbliche sui mezzi di comunicazione e sulla stampa generalista di dichiarazioni a sostegno di un percorso intersezionale e rivendicativo.
– Parità salariale di genere.
– Tutele contro episodi di omo-lesbo-bi-transfobia nei luoghi di lavoro.
– Accesso libero, gratuito e agevolato alla sanità pubblica, quindi accesso pieno e anonimo a servizi di prevenzione delle IST e concretamente ai test, eliminando differenze territoriali.
– Distribuzione gratuita di strumenti di prevenzione IST nei presidi ospedalieri e richiesta che profilattico e femidom diventino presidi medici gratuiti (non può esserlo dental dam perché è dei dentisti, ma si può chiedere di riconoscerlo come strumento di prevenzione per IST).
– Messa a regime della PReP.
– Aborto libero, sicuro e assistito con l’eliminazione progressiva dell’obiezione di coscienza prevista dalla legge 194, abrogazione legge 40 e legge che garantisca a tutt_ l’accesso alle tecniche di procreazione assistita: tutto ciò in un percorso condiviso con i movimenti femministi.
– Revisione legge 164 sulla rettifica anagrafica del sesso e sua successiva evoluzione (per esempio, l’Argentina, nell’articolo 1 della Legge sull’identità di genere, riconosce il diritto di ogni persona alla propria identità di genere e al suo libero sviluppo) con un modello di revisione anagrafica basata sulla dichiarazione della persona del superamento dell’impianto patologizzante.
– Legge a tutela delle persone intersessuali, no alla riassegnazione del sesso se non comporta un pericolo alla salute.
– Trasformazione dei luoghi di detenzione, che non siano strutture dove punire per guarire, ma complessi che restituiscano dignità individuale e proposte organizzative che incentivano un percorso proattivo delle persone detenute, con particolare attenzione a persone trans* e intersex.
Prassi interne
– Da considerare buona prassi estendibile l’organizzazione di momenti di confronto nazionali con almeno una persona delegata per Comitato. Potrebbe trattarsi di un momento coordinato da delegat_ territori o da delegat_ preciso in Segreteria, con cadenza 2 o 3 volte all’anno con l’intento di confrontarsi e lavorare insieme. Questa strategia potrebbe essere la base sulla quale costruire la Conferenza di Organizzazione annuale.
– Formazione politica capillare sui territori rivolta a volontar_, a_ quali fornire strumenti utili per ampliare un ragionamento politico e relazionarsi con istituzioni, forze dell’ordine, realtà esterne all’associazione, sia LGBTQIA+ sia non, per conoscere iter legislativo comunale, regionale e nazionale. La stragrande maggioranza di persone che fanno volontariato in Arcigay è composta da utenti, ovvero persone che attraverso il lavoro volontario rispondono a un bisogno, sia quello di crescere in un percorso di autodeterminazione, sia quello di riuscire a liberarsi dall’omo-lesbo-bi-transfobia interiorizzata, sia quello di acquisire competenze, conoscenze e contatti per riuscire a dare (e darsi) risposte sui temi, sia quello di far acquisire un significato rispetto al proprio vissuto che ricostruisca l’identità a partire proprio da quel pezzo che è negato e “scartato” dal resto della società. Crediamo che sia necessario approfondire i temi della formazione, continuando il lavoro svolto in questi anni e curando la costruzione di una classe dirigente che possa guidare la nostra associazione nei tempi futuri, formandosi all’interno e per esprimere in contesti differenti le proprie competenze. Senza questa necessaria formazione, il rischio è di veder calare la capacità di analisi, dovuta al fatto che non è stato garantito un percorso di crescita personale e politica e di non saper mettere a disposizione di tutti le competenze necessarie per mettersi in gioco durante o dopo aver ottenuto una risposta ai propri bisogni.
– Formazione interna ed esterna a costo 0 sulla storia del movimento LGBTQIA+ italiano, europeo e internazionale. Creazione di un canale Youtube con all’interno filmati liberi da poter vedere in fase formativa e di approfondimento.
Formazione a Referenti gruppi scuole/formazione su metodologie gestionali e di rapporto con gli istituti scolastici e formativi, in seguito trasmesse a_ volontar_ dei Comitati. Tale formazione potrebbe essere sostenuta da progetti specifici, che mirano a un introito economico per andare incontro alle esigenze di trasporto di formatrici/formatori, riconoscendo altresì la il valore del tempo speso, con la finalità di elaborare un volume di indicazioni e metodologie consigliate che possa essere distribuito in tutti i Comitati.
– Gruppo di lavoro a supporto dell’individuazione di tavoli di elaborazione politica con realtà esterne, non solo LGBTQIA+: ri-aprire e ri-costruire canali di comunicazione a livello nazionale per realizzare progetti con ricaduta sui territori con, per esempio, collaborazioni e manifestazioni.
– Genere: modificare l’approccio alle rivendicazioni femministe, rendendo la prassi associativa finalmente inclusiva, aprendosi (ri-aprendosi) alle contaminazioni ad ogni livello e decostruendo l’approccio di rimozione o di mera osservazione esterna da parte nostra rispetto alle istanze dei nuovi femminismi, renderci tutt_ responsabili di una ri-generazione delle rivendicazioni e delle urgenze assumendo una posizione manifesta sulle tematiche relative alla disparità sociale causata dall’approccio e dalla visione egemonica patriarcale.
– Network e rapporto di collaborazione con tutte le associazioni che lavorano su temi specifici quali migranti, lavoro, salute, scuola, formazione, benessere e altro.
– Pride, quali rivendicazioni e strumenti di coinvolgimento di soggetti rivendicativi distanti tra loro, ma vicini nei valori. Il Pride è la piazza politica più laica, democratica, rivoluzionaria e partecipata che ci sia nel nostro Paese: le istanze rivendicate dal Pride vengono sposate, tutte o in parte, da chiunque partecipi alla marcia. “The first Pride was a riot” è ciò che ricorda le motivazioni e la nascita del percorso di rivendicazione di visibilità e di diritti umani, la trasversalità e l’incontro tra persone oppresse che hanno fatto detonare i meccanismi di prevaricazione agiti su soggetti ritenuti deboli, soggetti diventati politici e rivendicativi. In questo momento storico, che vede le soggettività LGBTQIA+ sempre meno silenziabili anche dalle stesse componenti LGBTQIA+, il Pride diventa l’anello di congiunzione e circuito propositivo che riemerge dalle ceneri di lotte passate e si rende contemporaneo nelle azioni che non tralasciano l’importanza storica e si fortificano attraverso l’analisi politica. A pro di un sempre maggiore dibattito e una crescita continua, dare parola e visibilità politica a ogni soggetto all’interno del Pride, anche critico, potrebbe andare nella direzione di unire le mille sfaccettature e le differenti rivendicazioni che emergono, per una azione sempre più incisiva.
– Elaborare una Carta etica di Arcigay per le relazioni con i partner di qualsiasi settore, atta a implementare le strategie di fundraising che finanziano i progetti associativi.